Va confermato il principio per cui il custode ha diritto al pagamento del compenso da colui che abbia in restituzione il bene mobile. In difetto, il pagamento compete all’ufficio al quale appartiene il pubblico ufficiale che ha eseguito il sequestro. Nel caso de quo, essendo intervenuta la Polizia stradale, non vi è dubbio che tale pagamento spettasse al Ministero dell’Interno. Tuttavia, è da sottolinearsi che il custode avrebbe dovuto documentare l’iter della custodia e quindi non solo l’affidamento, ma anche il disposto sequestro. Di conseguenza, la liquidazione delle somme dovute al custode può e deve intervenire dopo che sia divenuto inoppugnabile il provvedimento che dispone la confisca, ovvero dopo che sia stata disposta la restituzione delle cose sequestrate. Inoltre, ai sensi dell’art. 15 del D.P.R., una volta che il provvedimento che dispone la confisca divenga inoppugnabile, l’autorità di cui al primo comma dell’art. 18 della legge dispone con ordinanza l’alienazione o la distruzione delle cose confiscate da eseguirsi a cura dei soggetti indicati nei primi due commi dell’art. 7 e le somme ricavate dalla vendita sono versate all’ufficio del registro e devolute all’erario.
In tema di custodia di veicoli sottoposti a sequestro amministrativo, legittimata passivamente in merito alla domanda del custode, il quale agisce per il riconoscimento delle spese sopportate, è, ai sensi dell’art. 11, primo comma, del d.P.R. 29 luglio 1982, n. 571, l’amministrazione cui appartiene il pubblico ufficiale che ha eseguito il sequestro, senza che rilevi la circostanza che la custodia, essendo impossibile o non conveniente presso lo stesso ufficio, sia stata affidata ad un soggetto diverso agli effetti dell’art. 8, primo comma, del medesimo d.P.R. n. 571 del 1982.
Corte di appello di Milano, sentenza del 24.1.2023, n. 216
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