Va confermato il principio secondo cui ad integrare la prova liberatoria dalla presunzione di colpa stabilita dall’art. 2054, terzo comma, cod. civ., non è sufficiente la dimostrazione che la circolazione del veicolo sia avvenuta senza il consenso del proprietario, ma è necessario, al contrario, che detta circolazione sia avvenuta contro la sua volontà, la quale deve estrinsecarsi in un concreto e idoneo comportamento ostativo, specificamente inteso a vietare e impedire la circolazione del veicolo, manifestatosi in atti e fatti rivelatori della diligenza e delle cautele adottate per questo scopo. Si tratta, ovviamente, di stabilire quali siano, in concreto, le modalità con le quali il proprietario può dimostrare di essersi davvero opposto alla circolazione del mezzo, e questa è una valutazione rimessa, al di là dei principi, all’accertamento del giudice di merito. Deve trattarsi, ovviamente, di un comportamento che non si limiti soltanto a rendere difficile la possibilità di appropriarsi del mezzo di trasporto e di metterlo in circolazione, ma di un comportamento che manifesti davvero, e in modo non equivoco, l’opposizione del proprietario alla circolazione. Tenendo presente che la permanente operatività del contratto di assicurazione giova sia alla parte danneggiata che al proprietario.
NDR: in tal senso Cass. 7 luglio 2006 n. 15521, 14 luglio 2011 n. 15478, 9 ottobre 2015 n. 20373 e 29 gennaio 2016 n. 1820.
Cassazione civile, sezione terza, ordinanza del 25.7.2024, n. 20831
…omissis…
Fatti di causa
1. Nella notte del 26 settembre 2007 si verificò, nel territorio del Comune di Mugnano del Cardinale, un grave incidente stradale nel quale la moto di proprietà di XX, assicurata con la Vittoria Assicurazioni Spa, a bordo della quale viaggiavano AA e BB, uscì fuori strada finendo contro un palo dell’illuminazione stradale esistente sul margine destro della carreggiata. Dai successivi accertamenti emerse che i due giovani centauri erano sprovvisti della patente di guida e si erano messi in viaggio in stato di ubriachezza e sotto l’azione di sostanze stupefacenti. Non fu subito chiarito chi dei due fosse alla guida e chi fosse il trasportato.
La causa odierna ebbe avvio con l’atto di citazione col quale AA convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Milano, XX e la Vittoria Assicurazioni Spa,
al fine di sentirli condannare in via solidale al risarcimento di tutti i danni da lui subiti in conseguenza del sinistro.
Si costituì in giudizio la società di assicurazioni la quale -sostenendo di aver ricevuto richieste risarcitone, per lo stesso sinistro, anche da parte di BB, omissis, rispettivamente madre e sorelle di BB -chiese l’integrazione del contraddittorio e la chiamata in causa dei soggetti ora indicati, dichiarando altresì di voler esercitare azione di rivalsa nei confronti del proprietario della moto XX.
Si costituirono in giudizio, quindi, BB, omissis, i quali proposero domanda riconvenzionale, per il risarcimenti di tutti i danni patiti da BB, nei confronti della Vittoria Assicurazioni Spa e di AA, ritenendo che fosse quest’ultimo il conducente della moto, nonché del proprietario della stessa XX Poiché, inoltre, la società di assicurazioni aveva eccepito, a propria difesa, che la circolazione era avvenuta nel totale dissenso del proprietario, cioè prohibente domino, i chiamati chiesero che il contraddittorio fosse esteso, ai sensi dell’art. 122 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, alla Generali Italia Spa, quale impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada.
XX, nel costituirsi a sua volta in giudizio, eccepì che la circolazione della moto era avvenuta prohibente domino, invocando il proprio totale esonero da ogni responsabilità.
Fu autorizzata, quindi, la chiamata in causa della Generali Italia Spa, la quale si costituì eccependo la non operatività della garanzia e chiedendo il rigetto di ogni domanda avanzata nei propri confronti.
Il giudizio venne istruito mediante l’ammissione di prove testimoniali e di due consulenze tecniche d’ufficio, l’una medicolegale e l’altra cinematica.
All’esito dell’attività istruttoria, il Tribunale rigettò la domanda di AA, affermando che era stato lui alla guida della moto; accolse parzialmente la domanda riconvenzionale proposta da BB, omissis, riconoscendo un concorso di colpa a carico di BB nella misura del 70 per cento; condannò quindi XX, la Vittoria Assicurazioni e AA, in solido, al risarcimento dei danni in favore di BB, liquidando la somma di Euro 440.986 a titolo di danno non patrimoniale, la somma di Euro 297.347 a titolo di danno patrimoniale, nonché la somma di Euro 24.000 ciascuno a favore del padre e della madre, a titolo di danno non patrimoniale; accolse la domanda di regresso avanzata dalla Vittoria Assicurazioni, condannando XX, proprietario, e AA, conducente, a rimborsare alla predetta tutte le somme da questa sborsate a titolo di risarcimento dei danni; rigettò tutte le altre domande e regolò le spese di giudizio.
2. La decisione del Tribunale è stata impugnata in via principale da XX e in via incidentale da AA e dalla Vittoria Assicurazioni Spa e la Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 16 ottobre 2019, ha respinto l’appello principale, ha parzialmente accolto l’appello del YY in ordine ad un profilo di liquidazione delle spese di lite (ormai irrilevante) e ha stabilito che la società di assicurazioni non aveva alcun residuo interesse alla decisione della propria impugnazione, avente ad oggetto la condanna oltre il limite del massimale, poiché essa aveva transatto la lite con i danneggiati BB, omissis.
2.1. La Corte territoriale ha osservato, per quanto di residuo interesse in questa sede, che l’appello principale era privo di fondamento in relazione a tutti i motivi.
Era da respingere, innanzitutto, la tesi secondo cui la circolazione della moto era avvenuta prohibente domino. Richiamati i principi giurisprudenziali sulla differenza esistente tra circolazione senza il consenso del proprietario e circolazione contro la volontà dello stesso, la Corte d’Appello ha affermato che, nella specie, XX non aveva fornito un’idonea prova al riguardo, “desumibile da un concreto e idoneo comportamento ostativo, specificamente inteso a impedire la circolazione”. Ciò in quanto egli non aveva dimostrato di aver assunto le necessarie cautele, anche alla luce della ricostruzione compiuta dal Tribunale, il quale aveva accertato che la denuncia di furto del mezzo era stata presentata a distanza di ben dieci mesi dai fatti.
Non poteva giungersi ad esito diverso in rapporto al secondo motivo di appello in base al quale, nella specie, sarebbe dovuta intervenire la garanzia del Fondo per le vittime della strada. Richiamata la questione della tardività della denuncia, la Corte milanese ha ricordato che, ai sensi dell’art. 122 del D.Lgs. n. 209 del 2005, l’assicurazione cessa di avere effetto a partire dal giorno successivo a quello della denuncia; per cui, se il sinistro avviene prima di quel momento, come nella specie, l’assicuratore risponde dei danni.
Quanto, poi, al motivo avente ad oggetto la rivalsa dell’assicuratore, ai sensi dell’art. 144 del D.Lgs. n. 209 del 2005, la sentenza ha osservato che la società di assicurazioni aveva prodotto già in primo grado una copia della polizza contrattuale e dei verbali di accertamento stilati in occasione del sinistro. Da quei documenti risultava la guida in stato di ebbrezza e sotto l’influsso di stupefacenti da parte del conducente, elementi contrattualmente idonei a rendere non operativa la garanzia assicurativa. Nella specie, del resto, tale clausola non era da considerare vessatoria, poiché finalizzata a delimitare e specificare il rischio contrattuale.
2.2. In riferimento, poi, all’appello incidentale della Vittoria Assicurazioni, la Corte d’Appello ha richiamato il contenuto dell’atto di transazione e ha concluso nel senso che da quel documento si doveva trarre la conclusione di una totale rinuncia, da parte della società di assicurazione, a tutte le domande avanzate in appello contro omissis, per cessazione della materia del contendere. Non sussisteva in capo all’appellante, quindi, alcun interesse all’impugnazione della sentenza di primo grado in relazione alla condanna superiore al massimale (la sentenza ha richiamato, in proposito, l’art. 128 del D.Lgs. n. 209 del 2005).
2.3. Quanto all’appello incidentale di AA, giova soltanto ricordare che la Corte d’Appello l’ha rigettato nella parte in cui si sosteneva una diversa dinamica dell’incidente. Confermando il giudizio del Tribunale, fondato sui rilievi della CTU d’ufficio, la sentenza ha ribadito che l’unica ricostruzione plausibile dell’incidente era nel senso che la moto era condotta dal YY e che BB viaggiava a bordo della stessa come trasportato.
3. Contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano propone ricorso principale XX con atto affidato a cinque motivi.
Resistono con due separati controricorsi AA e Generali Italia Spa; BB, omissis. resistono con un altro unico controricorso.
Resiste altresì la Vittoria Assicurazioni Spa con controricorso contenente ricorso incidentale affidato a quattro motivi.
Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
Ricorso principale.
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art.360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 2054, terzo comma, cod. civ., in ordine alla circolazione prohibente domino.
Il motivo censura la sentenza per irriducibile contraddittorietà della motivazione, contestando il fatto che essa non abbia riconosciuto che la circolazione della moto era avvenuta prohibente domino. La contestazione si svolge attraverso il richiamo della motivazione resa dal Tribunale di Avellino nella sentenza n. 1540 del 2012 – pronunciata nel giudizio di impugnazione avverso la sanzione amministrativa applicata al ricorrente per l’incauto affidamento del mezzo – là dove il Tribunale ha illustrato le ragioni per le quali ha affermato che nessuna maggiore cautela si sarebbe potuta esigere dal BB Egli, infatti, era assente e aveva lasciato la moto chiusa in garage, portando le chiavi in un luogo sicuro in casa. Il fatto che la moto sia stata sottratta in ora notturna dal YY, che era riuscito a trovare le chiavi, sarebbe, secondo il ricorrente, un fatto del tutto fortuito e imprevedibile, tale da escludere una qualsiasi colpa del proprietario. La Corte d’Appello, dunque, sarebbe incorsa in un errore di sussunzione.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 122 del D.Lgs. n. 209 del 2005.
Il ricorrente ricorda la previsione dell’art. 122 e aggiunge che, dovendosi ritenere che la circolazione avvenne contro la volontà del proprietario, la responsabilità dell’assicuratore era comunque da escludere.
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
Il ricorrente – dopo aver premesso che il vizio di omesso esame può riguardare anche un fatto secondario – sostiene che il fatto non considerato sarebbe costituito dalla sentenza del Tribunale di Avellino riportata a proposito del primo motivo. La corretta valutazione di quel fatto, omesso nella motivazione, consentirebbe di ritenere certa la circostanza che la moto era stata messa in circolazione prohibente domino.
4. I primi tre motivi, da trattare congiuntamente in considerazione dell’intima connessione che li unisce, sono tutti privi di fondamento.
4.1. Com’è noto, la giurisprudenza di questa Corte ha già da tempo stabilito, con un orientamento che può dirsi pacifico, il principio secondo cui ad integrare la prova liberatoria dalla presunzione di colpa stabilita dall’art. 2054, terzo comma, cod. civ., non è sufficiente la dimostrazione che la circolazione del veicolo sia avvenuta senza il consenso del proprietario, ma è necessario, al contrario, che detta circolazione sia avvenuta contro la sua volontà, la quale deve estrinsecarsi in un concreto e idoneo comportamento ostativo, specificamente inteso a vietare e impedire la circolazione del veicolo, manifestatosi in atti e fatti rivelatori della diligenza e delle cautele adottate per questo scopo (così, tra le altre, le sentenze 7 luglio 2006, n. 15521, e 14 luglio 2011, n. 15478, nonché l’ordinanza 9 ottobre 2015, n. 20373, la quale ha illustrato anche le ragioni per le quali la distinzione tra circolazione invito domino e circolazione prohibente domino debba ritenersi confermata anche dopo l’entrata in vigore del codice delle assicurazioni; v. pure l’ordinanza 29 gennaio 2016, n. 1820).
Si tratta, ovviamente, di stabilire quali siano, in concreto, le modalità con le quali il proprietario può dimostrare di essersi davvero opposto alla circolazione del mezzo, e questa è una valutazione rimessa, al di là dei principi, all’accertamento del giudice di merito. Deve trattarsi, ovviamente, di un comportamento che non si limiti soltanto a rendere difficile la possibilità di appropriarsi del mezzo di trasporto e di metterlo in circolazione, ma di un comportamento che manifesti davvero, e in modo non equivoco, l’opposizione del proprietario alla circolazione. Tenendo presente che, come ha illustrato la suindicata ordinanza n. 20373 del 2015, la permanente operatività del contratto di assicurazione giova sia alla parte danneggiata che al proprietario.
4.2. La Corte di merito ha fatto buon governo del principio suindicato.
Dalla motivazione risulta, infatti, che la sentenza qui impugnata, richiamando anche la motivazione resa sul punto dal Tribunale, ha supportato la propria decisione mettendo in evidenza, da un lato, il rapporto di stretta parentela tra l’odierno ricorrente e il danneggiato BB – che di per sé rendeva poco credibile che la circolazione fosse avvenuta prohibente domino -nonché il dato obiettivo della particolare cronologia degli eventi, posto che la denuncia di furto era stata sporta dal proprietario a distanza di ben dieci mesi dal fatto. A tanto la Corte milanese ha aggiunto che l’appellante non aveva fornito alcuna specifica prova liberatoria, non avendo indicato né dimostrato le cautele adottate per impedire la circolazione della moto.
A fronte dell’insieme di queste argomentazioni, i tre motivi di ricorso qui in esame concentrano la loro attenzione, con considerazioni anche ripetitive, su di un unico elemento, costituito dalla diversa sentenza resa dal Tribunale di Avellino nel giudizio di impugnazione avverso la sanzione amministrativa applicata all’odierno ricorrente per l’incauto affidamento del mezzo;
pronuncia nella quale quel Giudice aveva rilevato che nessun’altra cautela poteva esigersi dal BB, il quale nel momento del sinistro era partito per recarsi sul Lago di Garda lasciando la propria moto chiusa nel garage.
Rileva il Collegio che, anche senza considerare l’evidente diversità della materia del contendere nel precedente giudizio qui richiamato e in quello odierno – cui faceva riscontro la pacifica diversità dei rispettivi oneri probatori – il semplice richiamo alla sentenza citata non è un argomento sufficiente per consentire di superare la ratio decidendi della Corte d’Appello, la quale resiste alle censure avanzate. Anche perché, in sostanza, il ricorrente non fa che ribadire in questa sede le considerazioni che sono state già ritenute insufficienti dal giudice di merito.
5. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1341 e 1342 cod. civ., sostenendo che la Vittoria Assicurazioni non avrebbe potuto proporre azione di rivalsa nei suoi confronti per recuperare quanto da essa versato ai terzi danneggiati. Ciò in quanto non era stata prodotta in giudizio la copia del contratto e la clausola in questione era da ritenere vessatoria, con conseguente necessità della doppia sottoscrizione.
5.1. Il motivo è manifestamente inammissibile.
La Corte si limita ad osservare, in proposito, che la censura -anche volendo trascurare la tecnica di redazione, che dà l’idea che si tratti dell’integrale trascrizione in questa sede del motivo di appello a suo tempo proposto – non coglie in alcun modo la ratio decidendi della sentenza impugnata.
La Corte d’Appello, infatti, dopo aver precisato che la polizza assicurativa era stata prodotta in primo grado dallo stesso BB e dalla società di assicurazione, ha interpretato il contratto affermando che la clausola contestata, avente ad oggetto la rivalsa da parte dell’assicuratore, non poteva essere ritenuta vessatoria, in quanto era volta a specificare il rischio garantito.
A fronte di tali argomentazioni il ricorrente insiste col ribadire la tesi sostenuta in appello e già confutata dalla Corte di merito, addirittura affermando che il contratto non era stato prodotto; di talché la censura è chiaramente inammissibile.
6. Con il quinto motivo di ricorso, posto come subordinato, si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., per presunto travisamento della prova.
Il ricorrente sostiene che aver affermato che il ricorrente non aveva fornito la prova della circolazione della moto prohibente domino costituirebbe segno evidente del vizio denunciato.
6.1. Il motivo rimane assorbito a seguito del rigetto dei primi tre, data la sostanziale coincidenza delle argomentazioni.
Ricorso incidentale.
7. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1367 cod. civ., per errata interpretazione del contenuto della transazione intercorsa tra le parti.
La società ricorrente trascrive in parte il testo della transazione e afferma che da essa risulterebbe in modo evidente la rinuncia, da parte dell’assicuratore, a ogni domanda nei confronti dei danneggiati omissis. Restava fermo, però, il diritto di impugnare la sentenza del Tribunale per altri profili. E poiché, nel caso di specie, il massimale assicurativo era ancora fissato per legge nella somma di Euro 775.000, la ricorrente sostiene che il suo interesse ad impugnare la sentenza del Tribunale sussisteva proprio in relazione al fatto che in essa era stata pronunciata una condanna superiore a quel massimale; l’interesse permarrebbe, ad avviso della ricorrente, per il caso in cui “i danneggiati titolari del diritto al risarcimento dovessero agire nei confronti dell’assicurato XX che non ha partecipato all’accordo transattivo”. Vi sarebbe, dunque, un’errata interpretazione di quel contratto, posto che sarebbe evidente l’interesse della ricorrente ad ottenere il contenimento della condanna entro il limite del massimale nei confronti di XX
8. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per ragioni che riprendono quelle del primo motivo.
La società ricorrente sostiene, in proposito, che la sentenza impugnata, nel dichiarare l’assenza di interesse della società assicurazioni alla decisione del proprio appello, sarebbe incorsa nel vizio di omessa pronuncia.
9. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 144 del D.Lgs. n. 209 del 2005.
La ricorrente ricorda che la norma citata dispone che il danneggiato ha azione diretta nei confronti dell’assicuratore entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione. Ciò premesso, la solidarietà tra danneggiante e assicuratore ha natura atipica, perché il massimale costituisce un limite al risarcimento solo per l’assicuratore, mentre il danneggiante è tenuto ex delicto e, pertanto, senza limiti. Ne consegue che, in assenza di mala gestio da parte dell’assicuratore, questi non può essere tenuto al pagamento oltre il massimale; e nel caso specifico non risulta essere stata proposta alcuna domanda risarcitoria oltre i limiti del massimale. La mala gestio, poi, era da escludere, posto che la ricorrente non aveva in un primo tempo risarcito nessuno perché vi era assoluta incertezza su chi fosse il conducente e chi il trasportato sulla moto.
10. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 128 del D.Lgs. n. 209 del 2005, dovuta a nullità della sentenza per incomprensibilità e contraddittorietà della motivazione.
Si contesta il richiamo, contenuto nella motivazione della sentenza impugnata, all’art. 128 cit., ricordando che il massimale assicurativo era fissato, per contratto, nella somma di Euro 775.000, e che detta somma era corrispondente a quella prevista dalla legge.
11. I quattro motivi del ricorso incidentale, benché tra loro differenti, possono essere trattati congiuntamente, perché ruotano, in realtà, intorno ad un’unica questione, che è quella formulata in modo esplicito alla p. 28 del ricorso.
11.1. Per rispondere alla domanda posta dalla società di assicurazione bisogna ricapitolare brevemente quale sia la concreta situazione processuale.
La premessa in fatto è pacifica: il massimale applicabile al sinistro in questione era, come da previsione di legge all’epoca del fatto, di Euro 775.000 e fu versato tutto a BB e ai suoi familiari (non essendovi altri danneggiati se non AA, che però era alla guida della moto); ed è pacifico pure che la condanna pronunciata dal Tribunale superava il massimale. Nel corso del giudizio di appello, come si è detto, la Vittoria ha dato conto di aver raggiunto un accordo transattivo con i familiari del danneggiato BB e la Corte milanese ha osservato -senza che vi siano contestazioni sul punto – che i danneggiati avevano contestualmente rinunciato ad ogni ulteriore domanda verso la società di assicurazioni, la quale a sua volta aveva rinunciato all’impugnazione (la Vittoria Assicurazioni era, infatti, appellante incidentale).
Ciò premesso, il quesito sul quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi consiste nello stabilire se, nonostante l’intervenuta transazione con i danneggiati, la società di assicurazioni avesse o meno interesse a coltivare l’appello incidentale (nei confronti delle altre parti) per sentire dichiarare che la condanna inflitta dal Tribunale superava il massimale contrattuale. La tesi dell’odierna ricorrente incidentale si poggia sull’assunto – per quanto è dato comprendere – per cui, siccome i danneggiati Omissis potrebbero agire per il danno ulteriore, non coperto dal massimale, contro il proprietario della moto XX, estraneo alla transazione, quest’ultimo potrebbe a sua volta rivalersi contro l’assicuratore, perché la transazione non gli sarebbe opponibile e la condanna ultra-massimale passerebbe, a quel punto, in giudicato. Di qui l’interesse all’appello incidentale e, di conseguenza, al ricorso incidentale.
11.2. La Corte ritiene che la tesi suindicata, muovendo da due premesse, una sola delle quali è esatta, non sia meritevole di accoglimento.
Ed invero, è corretto affermare, come sostiene la Vittoria Assicurazioni, che la solidarietà tra danneggiante e assicuratore della responsabilità civile autoveicoli ha natura atipica, perché il limite al risarcimento costituito dal massimale sussiste solo in favore dell’assicuratore, mentre il danneggiante è tenuto ex delicto e, pertanto, senza limiti. Ne consegue che, ragionando in linea teorica, una volta passata in giudicato la sentenza di condanna per una somma superiore al massimale, i danneggiati potrebbero agire nei confronti dei responsabili per il danno differenziale non coperto da assicurazione. La prima premessa del ragionamento è, dunque, corretta.
Non è però corretta la seconda, almeno in relazione allo specifico caso concreto. Ed infatti tanto la sentenza del Tribunale quanto quella della Corte d’Appello hanno accolto la domanda di rivalsa proposta dalla Vittoria Assicurazioni nei confronti sia di XX che di AA, responsabili del sinistro anche se a titolo diverso. Ora, mentre sul punto AA non ha interposto appello – sicché l’accoglimento della domanda di rivalsa nei suoi confronti è passata in giudicato già dopo il giudizio di primo grado – XX ha proposto ricorso per cassazione anche su questo punto, ma il motivo (quarto) è stato poc’anzi ritenuto da questa Corte infondato. Il risultato è che l’accoglimento della domanda di rivalsa proposta dalla Vittoria Assicurazioni nei confronti dei soggetti (responsabili) ora richiamati è irrevocabile per entrambi.
Consegue da tale giudicato, ormai pacifico, che, anche nell’ipotesi in cui BB e i suoi familiari intendessero agire contro XX e AA per ottenere il pagamento del danno ulteriore non coperto da massimale, giammai questi ultimi potrebbero rivalersi contro la società di assicurazione per il rimborso di detta somma, posto che la Vittoria Assicurazioni è stata ammessa alla rivalsa nei loro confronti. Ragione per cui l’interesse di cui l’odierna ricorrente incidentale si ritiene portatrice è meramente teorico, ma di nessuna rilevanza concreta; di talché la sentenza della Corte d’Appello, chiarita alla luce di quanto si è detto, resiste alle censure suindicate.
Il ricorso incidentale, pertanto, è privo di fondamento.
12. In conclusione, il ricorso principale e il ricorso incidentale vanno entrambi rigettati.
A tale esito segue la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra ricorrente principale e ricorrente incidentale.
Entrambe le parti ricorrenti devono essere condannate, in solido, alla rifusione delle spese del presente grado in favore di AA, Generali Italia Spa, BB omissis liquidate ai sensi del D.M. 13 agosto 2022, n. 147, sopravvenuto a regolare i compensi professionali.
Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; compensa le spese del giudizio di cassazione tra ricorrente principale e ricorrente incidentale; condanna ricorrente principale e ricorrente incidentale, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate quanto Generali Italia Spa, BB, omissis, in complessivi Euro 5.200 per ciascun controricorso, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, e quanto a AA in complessivi Euro 6.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, da distrarre in favore dell’avv. omissis che si è dichiarato antistatario; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.