Investimento del pedone e presunzione di colpa del conducente

La non superata presunzione di colpa del conducente del veicolo a norma del 1° comma dell’art. 2054 cod. civ. nell’ipotesi di investimento del pedone non preclude l’indagine relativa all’eventuale concorso di colpa del pedone danneggiato, né opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità tra evento dannoso e condotta umana, attuandosi bensì solo ove non sia possibile l’accertamento della dinamica dell’incidente e del comportamento del pedone, che ben può dar luogo ad un concorso di colpa del medesimo pedone (nell’impossibilità di determinare con precisione il punto ove è avvenuto l’attraversamento pedonale – se “fuori dalle strisce” o a pochi centimetri o a diversi metri dalle stesse – diventa irrilevante se le strisce pedonali esistessero e fossero conosciute alle parti poiché non vi sono elementi per superare o ridimensionare la presunzione di responsabilità esistente a carico del conducente della vettura investitrice secondo la regola dell’art. 2054, comma 1, c.c.).

Il conducente del veicolo investitore può vincere la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054, comma 1, c.c., dimostrando che non vi era alcuna possibilità di prevenire ed evitare l’evento; a tal fine, non è sufficiente l’accertamento del comportamento colposo del pedone, ma è necessario che si dia prova non solo che il predetto abbia tenuto una condotta anormale e ragionevolmente non prevedibile, ma anche che il conducente abbia adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, pure sotto il profilo della velocità di guida mantenuta. Quindi, sul conducente grava l’obbligo di adottare tutte le cautele idonee ad evitare i rischi connessi alla circolazione stradale, nonché di adeguare la propria condotta alle specifiche circostanze del caso concreto con la conseguenza che la prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c., nel caso di danni prodotti a persone o cose dalla circolazione di un veicolo, non deve essere necessariamente data in modo diretto, cioè dimostrando di avere tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del codice della strada, ma può risultare anche dall’accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo dell’evento dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente, attese le concrete circostanze della circolazione e la conseguente impossibilità di attuare una qualche idonea manovra di emergenza  (nel caso di specie, la parte appellata non ha fornito la prova dell’imprevedibilità della condotta del pedone, né la violazione di specifiche regole di condotta del pedone, lasciando impregiudicata la presunzione di colpa in capo al conducente, per superare la quale l’appellata avrebbe dovuto dimostrare la colpa del pedone, nonché la causalità assorbente o concorrente dalla condotta di quest’ultimo nella causazione dell’evento).

NDR: sulla prima massima si veda Cass. 17.8.1990 n. 8386, 3.3.1987 n. 2216, 24.6.1980 n. 3973 e 17985/2020; sulla seconda Cass. 4551/2017 e 9856/2022.

Corte di Appello di Milano, sentenza del 3.3.2023, n. 737

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