Considerato che il danno biologico è già stato valutato, il Tribunale ritiene che l’attore abbia specificamente allegato la sussistenza anche di un danno morale da sofferenza interiore e che tale danno possa ritenersi presuntivamente provato sulla base degli invasivi trattamenti sanitari e chirurgici subiti, della significativa durata dell’inabilità temporanea e del tipo di invalidità permanente che, seppur non particolarmente elevata, deve presumersi ingeneri persistenti sentimenti di sofferenza, considerato che essa attinge l’utilizzo della mano e quindi il compimento di ordinarie attività della vita quotidiana. Non risulta invece provata quella pur reiteratamente allegata incidenza rilevante della lesione su specifici aspetti dinamico-relazionali, ai sensi dell’art. 139 comma 3 cod. ass. in quanto, la frequenza ed abitualità delle attività di cui l’attore lamenta la cessazione (guidare motocicli, suonare il pianoforte, sciare) non è stata adeguatamente provata e le prove orali dedotte sul punto sono estremamente generiche, limitandosi a dedurre una generica e valutativa abitualità senza invece indicare fatti specifici e circostanziati da cui desumere tale allegata abitualità (i documenti allegati dimostrano che l’attore negli anni ‘80 suonava il pianoforte ma nulla provano circa la pratica di tale attività al momento del sinistro). In conclusione, quindi, non è stata raggiunta la prova di quelle circostanze specifiche ed eccezionali che rendano il danno concreto patito dall’attore più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età.
NDR: in argomento Cass. 25164/2020, 28988/2019 e 7513/2018.
Tribunale di Milano, sentenza del 14.1.2021, n. 195
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