La “perdita subita“, con la quale l’art. 1223 c.c., individua il danno emergente, non può essere considerata indicativa dei soli esborsi monetari o di diminuzioni patrimoniali già materialmente intervenuti, ma include anche l’obbligazione di effettuare l’esborso, in quanto il vinculum iuris, nel quale l’obbligazione stessa si sostanzia, costituisce già una posta passiva del patrimonio del danneggiato, consistente nell’insieme dei rapporti giuridici, con diretta rilevanza economica, di cui una persona è titolare. Così, va nella specie accolto il motivo di ricorso con cui si denuncia che: i) il Tribunale avrebbe erroneamente fatto dipendere il risarcimento del danno da un’attività, la riparazione del mezzo, eventuale e non elemento costitutivo della pretesa, incorrendo nella violazione dell’art. 148 C.d.S., secondo il quale l’assicurato ha diritto al risarcimento anche qualora ritenga di non procedere alla riparazione del mezzo; ii) il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto insussistente il danno in mancanza di allegazione che l’auto avesse subito una diminuzione di valore e che per tale ragione fosse stato costretto a venderla ad un prezzo minore di quello di mercato, perché non aveva domandato l’indennizzo per il deprezzamento dell’auto – che non aveva venduto né aveva in animo di vendere – ma solo di essere tenuto indenne del valore del costo delle riparazioni; iii) provato il nesso di derivazione causale del danno dall’evento, il Tribunale non avrebbe dovuto negare il risarcimento, sul rilievo che la parte istante non ne avesse dimostrato la consistenza, perché il quantum avrebbe potuto essere determinato anche equitativamente.
NDR: per il principio di diritto riportato nella prima parte della massima si veda, di recente, Cass. 06/10/2021, n. 27129.
Cassazione civile, sezione terza, ordinanza del 17.2.2023, n. 5159
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