Con riferimento specifico riguardo alla prova del nesso eziologico, al fine di stabilire come debba ripartirsi l’onere della prova tra danneggiato e custode, nei casi in cui si applichi l’art. 2051 c.c., occorre distinguere due ipotesi: quando il danno è causato da cose dotate di intrinseco dinamismo, l’attore ha il solo onere di provare il nesso di causa tra la cosa ed il danno, mentre non è necessaria la dimostrazione della pericolosità della cosa; quanto, invece, il danno è causato da cose inerti e visibili (marciapiedi, scale, strade, pavimenti, e simili), il danneggiato può provare il nesso di causa tra cosa e danno dimostrandone la pericolosità (in quest’ultima ipotesi, la pericolosità della cosa finte di danno non è, dunque, fatto costitutivo della responsabilità del custode, ma è indizio dal quale desumere, ex art. 2727 c.c., la sussistenza di un valido nesso di causa tra la cosa inerte e il danno: nel senso che quando questo si assume provocato da una cosa priva di intrinseco dinamismo, dal fatto noto che quella cosa fosse pericolosa il giudice può risalire al fitto ignorato dell’esistenza del nesso di causa; mentre dal fatto noto che non lo fosse potrà risalire al fatto ignorato che sia stata la distrazione della vittima a provocare il danno).
Tribunale di Milano, sentenza del 1.7.2021, n. 5774
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