Nei reati colposi, una volta accertata la causalità della condotta, cioè che un determinato comportamento umano, attivo od omissivo, abbia interferito nella causazione dell’evento, occorre poi verificare se la violazione della regola cautelare abbia contribuito a cagionare l’evento in concreto verificatosi, posto che l’articolo 43 c.p. collega l’evento alla violazione della regola cautelare, scritta o generata da fonte sociale. L’ulteriore accertamento che il giudice deve, pertanto, compiere è quello diretto a verificare se l’evento dannoso cagionato sia quello per evitare il quale è posta la regola cautelare (c.d. concretizzazione del rischio), per cui deve escludersi la responsabilità per colpa se l’evento non rientra nello spettro tipico di quelli per evitare i quali è stata posta la regola violata, pur se l’evento è causalmente collegato alla condotta (in questi casi c’è nesso di causalità della condotta, ma non c’è colpa). Si tratta di una indagine ex post successiva a quella relativa all’accertamento della causalità della colpa, perché – prima di porsi il problema della corrispondenza tra l’evento verificatosi e lo scopo della norma cautelare violata – occorre riscontrare se l’azione o omissione colposa abbia inciso sulla verificazione dell’evento. Per poter addebitare, quindi, un evento dannoso a titolo di colpa ad un soggetto, è, dunque, necessario che la regola cautelare violata sia quella che mirava ad evitare proprio l’evento che si è verificato (e tanto, secondo i giudici di legittimità, non si è verificato nella vicenda in esame, poiché la caduta nel dirupo sottostante non rientra nel novero degli eventi che la norma precauzionale di cui all’art. 141 C.d.S. è volta a prevenire; la cautela cristallizzata nell’art. 141 C.d.S., afferente alla velocità e ai suoi limiti, infatti, si traduce nella necessità che il conducente conservi sempre il controllo del proprio veicolo e sia in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, in particolare l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile).
Cassazione penale, sezione quarta, sentenza dell’11.04.2022, n. 13714
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