Il principio di integralità del risarcimento, enucleabile dall’art. 1223 c.c. e applicabile in ambito extracontrattuale mediante il rinvio contenuto nell’art. 2056 c.c., impone di ristorare la parte danneggiata da tutte le conseguenze pregiudizievoli ad essa derivanti dall’illecito, indipendentemente dal fatto che tali conseguenze si siano verificate immediatamente ovvero spiegheranno la loro forza lesiva, con certezza (processuale), in futuro. Ciò posto, con riferimento alle situazioni in cui a causa delle conseguenze dell’illecito il danneggiato abbia perduto l’attività lavorativa esercitata, nonché in cui il danneggiato, impossibilitato a svolgere la precedente attività lavorativa, abbia comunque trovato impiego aliunde, va affermato che nel primo caso, il danneggiato ha diritto alla integralità della retribuzione che avrebbe potuto ragionevolmente percepire se avesse proseguito nella sua attività lavorativa, mentre nel secondo, il danneggiato ha diritto alla (eventuale) differenza tra le retribuzioni spettanti alla luce della attività lavorativa perduta (a causa dell’illecito) e quella corrisposta in ragione della nuova attività lavorativa; reimpiego che il danneggiato e stato costretto a cercare per effetto della perdita della precedente attività. Tali considerazioni non possono che essere estese, per identità di ratio, anche al caso ove il danneggiato ha subito una riduzione del trattamento retributivo in conseguenza del demansionamento disposto dal proprio datore di lavoro per effetto della accertata incapacità a svolgere le precedenti funzioni a causa delle lesioni subite dall’illecito. In conclusione, gli effetti del demansionamento, cioè l’adeguamento in peius del trattamento retributivo, rientrano tra le conseguenze “dirette” dell’illecito, benché future (ma certe), e che, come tali, devono essere valutate ai fini della quantificazione del risarcimento del danno ai sensi degli artt. 1223 e 2056, c.c.; e, affinché il principio di integralità del risarcimento possa dirsi effettivo, non si può non precisare come l’ampiezza della retribuzione media (dell’attività lavorativa precedentemente svolta) e che costituisce la base di calcolo per la determinazione del danno futuro da perdita (ovvero la riduzione) della capacita lavorativa, deve essere tale da comprendere non solo la componente fissa della retribuzione, ma anche tutti i relativi accessori e i probabili aumenti retributivi.
Cassazione civile, sezione terza, ordinanza del 16.1.2024, n. 1607
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