Nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile da circolazione stradale, il responsabile del danno, che deve essere chiamato nel giudizio sin dall’inizio, assume la veste di litisconsorte necessario, poiché la controversia deve svolgersi in maniera unitaria tra i tre soggetti del rapporto processuale. Ne consegue che la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e, come detto, litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733, terzo comma, cod. civ., secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice.
La sottoscrizione del modello CAI, come già previsto dall’art. 5 della legge n. 39 del 1977 e oggi confermato dall’art. 143, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, determina una presunzione, valida fino a prova contraria, del fatto che il sinistro si sia verificato con le modalità ivi indicate. Ciò significa che ogni valutazione sulla portata confessoria di tale modulo deve ritenersi preclusa dall’esistenza di un’accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto in tale documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio.
Come ogni presunzione iuris tantum, quindi, anche quella contenuta nel modello CAI è superabile tramite apposita prova contraria, che la legge pone a carico della società di assicurazione.
Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 25.05.2022, n. 16875
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