Contestazione immediata orale: mancata redazione e consegna del verbale

In tema di contestazione immediata dell’infrazione, la regola secondo la quale l’omessa contestazione immediata, o l’omessa indicazione, nel relativo verbale, dei motivi che l’hanno resa impossibile, rende annullabile il provvedimento sanzionatorio, non si estende all’ipotesi in cui, essendovi stata immediata contestazione orale, sia tuttavia mancata la contestuale redazione e consegna del verbale al trasgressore o la indicazione dei motivi della mancata consegna immediata del verbale, attesa la distinzione logica e giuridica esistente tra i tre momenti dell’accertamento, della verbalizzazione e della consegna di copia del verbale al trasgressore.

NDR: in tal senso Cass. n. 14668 del 03/06/2008 e n. 37855 del 28/12/2022.

Cassazione civile, sezione seconda, ordinanza del 15.7.2024, n. 19470

…omissis…

Rilevato

La Prefettura di Campobasso ha impugnato la sentenza del Giudice di Pace di Termoli, n. 247/2015, che ha accolto l’opposizione di XX avverso l’ordinanza – ingiunzione della stessa Prefettura che aveva disposto nei confronti dell’opponente la sospensione provvisoria della patente di guida, ai sensi dell’art. 223, comma 1, c.d.s. , per la durata di cinque mesi, in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza ex art. 186, comma 2, lett. b), del codice della strada.

Il Giudice di Pace ha fondato la propria decisione sull’art. 186, comma 9, c.d.s. , ai sensi del quale la disposta misura cautelare non sarebbe applicabile nell’ipotesi in cui (come nella specie) il tasso alcolemico sia inferiore a 1,5 g/l;

il Tribunale di Larino – nella resistenza dell’originario opponente, il quale ha proposto appello incidentale lamentando che la sentenza appellata non aveva statuito sulle sue ulteriori censure – ha accolto l’appello principale della Prefettura di Campobasso, ha respinto quello incidentale di XX e, infine, ha regolato le spese dei gradi di merito secondo il principio della soccombenza;

per quanto ancora di rilievo, il Tribunale: (i) ha respinto l’eccezione dell’appellato principale di improcedibilità/inammissibilità del gravame per incompetenza del Tribunale adito a favore del Tribunale di Campobasso, in applicazione del cd. foro erariale, sul rilievo che, come afferma la giurisprudenza di merito, tale criterio di competenza non si applica ai giudizi d’appello avverso le sentenze emesse dal Giudice di pace in materia di opposizione a sanzioni amministrative; (ii) ha disatteso l’eccezione di XX di inammissibilità/improcedibilità dell’appello principale per intervenuto annullamento – in data 21/01/2016 – dell’ordinanza-ingiunzione, evidenziando che la PA non aveva prestato acquiescenza alla decisione di primo grado, ma si era limitata ad ottemperarvi; (iii) con riferimento al merito dell’appello principale della Prefettura, ha stabilito che, diversamente da quanto affermato dal primo giudice, nella specie si è in presenza della sospensione della patente di guida ai sensi dell’art. 223 c.d.s. , quale misura provvisoria e cautelare, la cui applicazione non richiede il superamento del tasso alcolemico di 1,5 g/l, con la conseguenza che, nel caso in esame, è irrilevante che la polizia stradale abbia accertato un tasso alcolemico pari a 0,82 g/l e pari a 0,94 g/l, rispettivamente, nella prima e nella seconda prova; (iv) quanto all’appello incidentale del conducente, ha affermato che è irrilevante la circostanza che quest’ultimo sia stato sottoposto ad alcol test a distanza di due ore dall’accertamento della violazione: si tratta, infatti, della sospensione provvisoria della patente ex art. 223 c.d.s. che è applicabile ogniqualvolta, in astratto, sia configurabile un reato che prevede come sanzione amministrativa accessoria la sospensione della patente di guida, ciò che si è verificato in questa vicenda dato che il primo accertamento indicava un tasso alcolemico pari a 0,82 g/l, che supera la soglia minima di 0,80 g/l prevista per la guida in stato di ebbrezza; (v) posto che la contestazione dell’infrazione è stata immediata, come consentito dall’art. 200 c.d.s. , ha ritenuto irrilevante la censura del conducente di non avere ricevuto immediatamente una copia del verbale di contestazione, che pure aveva richiesto; (vi) infine, ha considerato generica l’eccezione del trasgressore di non conformità dell’apparecchiatura (cd. etilometro) ai requisiti di legge o di mancanza della taratura, ferma la constatazione che l’appellante incidentale, a cui spettava dimostrarlo, non ha provato la mancata taratura dell’etilometro;

XX ha proposto ricorso per cassazione, articolato in nove motivi, resistiti dalla Prefettura di Campobasso con controricorso.

Considerato

il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 100,329 c.p.c. , per non avere la sentenza impugnata rilevato che la PA aveva prestato acquiescenza alla sentenza di primo grado, che aveva accolto l’opposizione, ed aveva annullato il provvedimento di sospensione della patente di guida, donde l’inammissibilità dell’appello principale;

il motivo è infondato;

la statuizione del Tribunale secondo cui l’annullamento dell’ordinanza di sospensione della patente di guida da parte della Prefettura di Campobasso, con provvedimento del 21/01/2016, in pendenza del termine per impugnare la sentenza di primo grado di annullamento dell’ordinanza – ingiunzione, è conforme alla giurisprudenza di legittimità;

È principio di diritto radicato (Sez. U, Sentenza n. 2311 del 30/03/1983, Rv. 427161 – 01) che “Il comportamento della pubblica amministrazione, la quale, anche a prescindere dalla proposizione del giudizio di ottemperanza previsto dall’art. 27 n. 4 del r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, si uniformi alle prescrizioni contenute in una sentenza esecutiva del giudice ordinario od amministrativo, pur senza far riserva d’impugnazione avverso tale sentenza, non è incompatibile con la volontà di avanzare l’impugnazione medesima”;

recentemente questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 13764 del 20/09/2002, Rv. 557494 – 01; conf. , tra le altre, Sez. 3, Sentenza n. 18187 del 28/08/2007, Rv. 599147 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 17267 del 28/08/2015, Rv. 636138 – 01), ha enunciato il principio di diritto secondo cui l’acquiescenza alla pronuncia, preclusiva dell’impugnazione ex art. 329 c.p.c. , consiste nell’accettazione della sentenza, cioè nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non proporre impugnazione, e tale accettazione può ritenersi tacitamente manifestata soltanto in presenza di un atteggiamento univocamente incompatibile con la volontà di avvalersi dell’impugnazione, che non ricorre in presenza della sola volontaria esecuzione – ancorché senza riserva alcuna – di una sentenza emessa in grado di appello o comunque esecutiva;

il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 341,342 c.p.c. , per non avere il Tribunale rilevato che l’appello era inammissibile perché proposto con ricorso notificato in data 09/05/2016, oltre il termine lungo di sei mesi dal deposito della sentenza di primo grado, avvenuto in data 28/10/202015;

il motivo è infondato;

nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione o a verbale di accertamento d’infrazione stradale – in quanto regolato dal rito del lavoro ai sensi degli artt. 6 e 7 del D.Lgs. n. 150 del 2011 – l’appello va proposto nella forma del ricorso, con le modalità e nei termini previsti dall’art. 434 c.p.c. , sicché l’atto di gravame deve essere depositato nel termine di sei mesi (tra le altre, Sez. 6 – 2, Sentenza n. 1020 del 17/01/2017, Rv. 642559 – 01);

il Tribunale ha fatto corretta applicazione di questo principio di diritto lì dove ha rilevato la tempestività dell’appello, depositato 06/04/2016, entro il termine lungo di sei mesi dalla pubblicazione (in data 28/10/20215) della sentenza del Giudice di Pace;

il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 25 c.p.c. , 6, 7, r.d. n. 1611 del 1933, per non avere la sentenza impugnata accolto l’eccezione di inammissibilità/improcedibilità dell’appello perché proposto dall’Avvocatura dello Stato di Campobasso dinanzi al Tribunale di Larino, anziché dinanzi al Tribunale di Campobasso, in applicazione della regola del “foro erariale”;

il motivo è infondato;

è ius receptum, al quale si è conformato il Tribunale, che, ai fini della competenza territoriale relativa ai procedimenti d’appello avverso le sentenze emesse dal Giudice di pace in materia di opposizione a sanzioni amministrative, non si applica la regola del “foro erariale” stabilita nell’art. 7 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 relativa alle controversie in cui sia parte un’amministrazione dello Stato;

la giurisprudenza successiva, nella scia delle Sezioni unite, ha rilevato che gli artt. 6 e 7 del D.Lgs. n. 150 del 2011 si pongono in una linea di continuità con la disciplina precedente, e ha continuato ad individuare come competente il giudice di prossimità, ossia quello “del luogo in cui è commessa la violazione” (in termini, Cass. n. 5077 del 2022; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5249 del 06/03/2018, Rv. 647987 – 01; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 10677 del 05/06/2020, Rv. 657823 -01);

il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 170,330 c.p.c. , perché l’appello è stato notificato ai procuratori e non alla parte personalmente presso i procuratori, come prescritto dalle norme appena richiamate, e l’appellato principale si è costituito solo con un procuratore e non con il codifensore, al quale la notifica dell’atto di appello doveva essere quanto meno rinnovata;

il motivo è inammissibile;

la censura è nuova: la relativa questione non è stata trattata dal Tribunale di Larino e non risulta neppure essere stata oggetto di motivo d’appello (cfr. l’elencazione dei motivi di appello a pag. 2 della sentenza impugnata);

il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 200 c.d.s. , 14 della legge n. 689 del 1981, nonché della circolare del ministero dell’interno n. 300 del 12/08/2010, e dell’art. 383, comma 2, D.P.R. n. 495 del 1992, per non avere il Tribunale rilevato la violazione del diritto di difesa dell’appellato principale a causa della mancata consegna al conducente sanzionato di una copia del verbale di accertamento dell’infrazione al c.d.s.;

il sesto motivo denuncia la violazione dell’art. 379, commi 5, 6, 7 e 8, reg. esec. c.d.s. e del D.M. 196 del 1990, lamenta che, non essendo il ricorrente in possesso del verbale di accertamento, non è stato possibile appurare se l’etilometro utilizzato ai fini della contestazione rispondesse o meno ai requisiti previsti dalle disposizioni che regolano la materia;

il quinto e il sesto motivo, suscettibili di esame congiunto per connessione, sono infondati;

sulla premessa, indicata dalla sentenza impugnata, che la contestazione dell’infrazione è stata immediata, è utile ricordare che, in tema di violazione del codice della strada, la regola secondo la quale l’omessa contestazione immediata, o l’omessa indicazione, nel relativo verbale, dei motivi che l’hanno resa impossibile, rende annullabile il provvedimento sanzionatorio, non si estende all’ipotesi in cui, essendovi stata immediata contestazione orale, sia tuttavia mancata la contestuale redazione e consegna del verbale al trasgressore o la indicazione dei motivi della mancata consegna immediata del verbale, attesa la distinzione logica e giuridica esistente tra i tre momenti dell’accertamento, della verbalizzazione e della consegna di copia del verbale al trasgressore (Sez. 2, Sentenza n. 14668 del 03/06/2008, Rv. 603810 – 01; Sez. 2, Ordinanza n. 37855 del 28/12/2022, Rv. 668537 – 01);

il settimo motivo denuncia la violazione dell’art. 186 commi 2, 8 e 9 c.d.s. , dell’art. 223c.d.s. , dell’art. 379 reg. esec. c.d.s. , e dell’art. 14 della legge n. 689 del 1981;

si deduce che la polizia stradale di Termoli, in data 19/02/2015, avrebbe contestato la violazione dell’art. 186, commi 2 e 9, c.d.s. , per guida in stato di ebbrezza alcolica, risultante dal doppio accertamento fatto coll’etilometro che aveva rilevato nella prima e nella seconda prova, rispettivamente, un tasso alcolemico di 0,82 e di 0,94 g/l;

per il ricorrente, quindi, l’unica sospensione cautelare che viene in gioco è quella prevista dallo stesso articolo 186, non già quella di cui all’art. 223 c.d.s. , con un duplice effetto: da un lato, che il Prefetto poteva disporre la sospensione della patente di guida al più fino all’esito della visita medica; dall’altro lato, che, essendosi il ricorrente sottoposto alla visita medica, che aveva attestato la sua idoneità alla guida, il Prefetto avrebbe dovuto restituirgli la patente;

il motivo è infondato;

la censura è infondatamente basata su un elemento oggettivo smentito dalla sentenza impugnata, e cioè che la contestazione riguarderebbe la violazione dell’art. 186, comma 9, c.d.s. , in presenza di un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l;

il Tribunale di Larino ha invece stabilito che la violazione è quella di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) c.d.s. , ossia la guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico tra 0,8 e 1,5 grammi per litro, in relazione alla quale il Prefetto (a seguito del ritiro immediato della patente), ha disposto, ai sensi dell’art. 223 comma 1 c.d.s. , la sospensione provvisoria della patente di guida (fino a un massimo di due anni);

al contrario di quanto prospetta il ricorrente, la sospensione provvisoria e cautelare non viene meno nel caso in cui il conducente si sottoponga tempestivamente alla visita medica;

va data continuità all’orientamento sezionale (Sez. 2, Ordinanza n. 3245 del 05/02/2024, Rv. 670284 – 01) per il quale, in tema di sanzioni amministrative connesse alla guida in stato di ebbrezza, la visita medica disposta dal Prefetto ai sensi dell’art. 186 comma 8 c.d.s. non è prevista in funzione della verifica della cessazione, ovvero persistenza, delle esigenze cautelari sottese al provvedimento prefettizio di sospensione provvisoria della patente di guida di cui all’art. 223, comma 1, del medesimo codice;

l’ottavo motivo denuncia che il Tribunale non ha esaminato il motivo di appello incidentale con il quale XX evidenziava che, in rapporto al tasso di alcolemia riscontrato, era ammesso un margine di errore del 4%, e ha omesso di considerare che il valore alcolimetrico della seconda misurazione registrava un incremento del 15% rispetto alla prima misurazione, e che tale discrasia tra le due prove era sintomatica del difetto di funzionamento dell’apparecchiatura e rendeva inaffidabile il risultato dell’accertamento;

il motivo è infondato;

per un verso, non si è in presenza di omessa pronuncia su un motivo di appello, poiché il Tribunale ha esaminato e ritenuto generica la doglianza in punto di ipotetiche irregolarità dell’etilometro; per altro verso, il motivo adombra – in termini meramente ipotetici – aspetti fattuali, estranei al controllo di legalità della decisione del giudice di merito demandato alla Cassazione;

il nono motivo denuncia la violazione di legge e il contrasto con la giurisprudenza di legittimità del capo della sentenza di appello che, per un verso, ha condannato l’appellante incidentale alle spese di primo grado, senza considerare che, nel primo giudizio, la PA era stata difesa da un funzionario delegato, per altro verso, ha liquidato le spese in maniera spropositata e non pare avere fatto corretta applicazione dell’art. 4, D.M. n. 55 del 2014;

la censura è fondata nei termini che seguono;

con riferimento alle spese del primo grado, ha errato il giudice d’appello nel liquidare il complessivo importo di Euro 1.450,00, oltre al rimborso forfetario al 15% e agli accessori, comprensivo dei compensi professionali;

come risulta dagli atti di causa, la Prefettura di Campobasso si è costituita in giudizio, in primo grado, con un funzionario delegato, senza avvalersi della rappresentanza tecnica di un difensore, ragion per cui, per tale grado del giudizio, avrebbero dovuto essere liquidate a favore della PA solo le cd. “spese vive” e nulla a titolo di compenso per l’assistenza tecnica;

al riguardo, in connessione con la giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Cass. nn. 4536/2021, 30597/2017, 11389/2011), va enunciato il seguente principio di diritto: “L’autorità amministrativa che ha emesso il provvedimento sanzionatorio, quando sta in giudizio personalmente o avvalendosi di un funzionario appositamente delegato, non può ottenere la condanna dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento dei compensi di avvocato, difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio; in tal caso, pertanto, in favore dell’ente possono essere liquidate unicamente le cd. “spese vive”, diverse da quelle generali, che esso abbia concretamente sostenuto nel giudizio, purché risultino da apposita nota”;

in conclusione, dichiarati infondati il primo, il secondo, il terzo, il quinto, il sesto, il settimo motivo e l’ottavo motivo, inammissibile il quarto motivo, accolto il nono motivo nei termini sopra indicati, la sentenza è cassata in relazione al nono motivo; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 comma 2 c.p.c., con l’esclusione dalla condanna dell’opponente alle spese di primo grado della voce relativa ai compensi di avvocato, ferme le altre statuizioni;

in punto di spese, già si è detto che, per il primo grado vanno riconosciute alla Prefettura di campobasso soltanto le cd. “spese vive” (che risultino da apposita nota); inoltre, va confermata la statuizione in punto di spese del giudizio di appello; le spese del giudizio di cassazione sono liquidate in dispositivo, in base al principio della soccombenza, riferibile in misura assolutamente prevalente al ricorrente.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso limitatamente al nono motivo, nei termini indicati in motivazione, lo rigetta nel resto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo, esclude la condanna del ricorrente al pagamento dei compensi di avvocato del giudizio di primo grado, conferma la statuizione relativa alle spese del giudizio di appello; condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.000,00, a titolo di compenso, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

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