Richiesta stragiudiziale di risarcimento ex art. 145 cod. ass. e proponibilità della domanda

La richiesta stragiudiziale di risarcimento del danno, di cui all’art. 145 cod. ass., è inidonea a rendere proponibile la domanda di risarcimento, soltanto quando sia priva dei requisiti minimi per il conseguimento dello scopo, ovvero quando abbia contenuti tali da non mettere l’assicurazione in grado di fare il proprio lavoro: accertare le responsabilità, stimare il danno, formulare l’offerta.

NDR: in tal senso Cass. 30/09/2016, n. 19354; in senso conforme Cass. 31/07/2017, n. 18940 e Cass. 02/03/2018, n. 4936.

Tribunale di Napoli, sentenza del 20.5.2024

…omissis…

La domanda è proponibile.

La richiesta stragiudiziale di risarcimento dei danni alla persona è stata recapitata omissis.

Dall’esame delle richieste risarcitorie si evince che alla omissis sono state trasmesse tutte le indicazioni necessarie alla formulazione dell’offerta risarcitoria, sicché non vi è dubbio che l’onere previsto dall’art. 287 del d.lgs. n. 209 del 2005 è stato adempiuto. Infatti, come osservato dalla Corte di Cassazione, la richiesta stragiudiziale di risarcimento del danno, di cui all’art. 145 cod. ass., è inidonea a rendere proponibile la domanda di risarcimento, soltanto quando sia priva dei requisiti minimi per il conseguimento dello scopo, ovvero quando abbia contenuti tali da non mettere l’assicurazione in grado di fare il proprio lavoro: accertare le responsabilità, stimare il danno, formulare l’offerta (cfr. Cass. 30/09/2016, n. 19354, in motivazione; in senso conforme, cfr. Cass. 31/07/2017, n. 18940, in motivazione, nonché Cass. 02/03/2018, n. 4936, in motivazione).

L’eccezione di prescrizione è infondata.

Il fatto illecito può essere astrattamente sussunto nel reato di lesioni personali stradali, previsto e punito dall’art. 590 bis, comma 1, cod. pen., con la conseguenza che il termine di prescrizione è di 6 anni, secondo quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 157, comma 1, cod. pen. e 2947, comma 3, cod. civ.

Ciò significa che, al momento della notificazione della citazione, il periodo prescrizionale non era ancora compiuto.

Occorre poi considerare che il decorso della prescrizione è stato interrotto con le missive di messa in mora recapitate il 21.02.2018, il 02.03.2018 e il 18.02.2020, sicché la prescrizione non si è perfezionata nemmeno applicando il termine biennale invocato dalla convenuta.

Par. 4. Sgombrato il campo dalle questioni preliminari, è ora possibile passare all’analisi delle risultanze istruttorie.

I due testi escussi, omissis, hanno confermato la versione dei fatti esposta in atto di citazione omissis.

Le due deposizioni sono abbastanza precise nel rievocare quanto accaduto, risultano prive di contraddizioni intrinseche e sono tra loro sostanzialmente concordanti. Inoltre, non sono emersi contrasti tra quanto riferito dai testi e quando dichiarato dal omissis in sede di interrogatorio libero.

L’attore ha sporto denunzia – querela in data 28.07.2017, nella quale ha fornito una descrizione del sinistro coincidente con quella riferita dai testi e ha precisato che, tra i presenti al fatto, vi erano anche i signori omissis (cfr. doc. 3 atto di citazione). Le indagini si sono concluse con la richiesta di archiviazione da parte del P.M. (ancora doc. 3).

Infine, occorre considerare che dall’esame del referto di pronto soccorso datato 18.07.2017 si evince che, nell’immediatezza del fatto, il Va. riferì che la causa delle lesioni da lui riportate fu un “incidente in strada”, con omissione di soccorso.

Dunque, non vi sono motivi per dubitare della credibilità dei testi, le cui dichiarazioni non risultano smentite dagli altri elementi istruttori raccolti nel corso del giudizio omissis.

Alla luce delle risultanze istruttorie, è possibile affermare che il omissis fu investito da uno scooter nel mentre stava attraversando la strada sulle strisce pedonali; in particolare, lo scooter superò un’autovettura, ferma per consentire l’attraversamento del pedone, e, dopo aver colpito di striscio il omissis, causandone la caduta al suolo, si dileguò, accelerando e voltando a destra. Nessuno dei presenti riuscì a rilevare la targa del motoveicolo, che non è stato identificato neanche a seguito delle indagini penali.

Ciò posto, il conducente dello scooter è responsabile dell’accaduto ex artt. 2043 e 2054, comma 1, cod. civ.

Dall’istruttoria non sono emersi elementi per ritenere che il omissis abbia contribuito con la propria condotta al verificarsi dell’illecito: il pedone stava attraversando diligentemente la strada sulle strisce pedonali e, al momento dell’impatto, era quasi arrivato a metà della carreggiata.

La mancata identificazione dello scooter non è dipesa da colpa dell’attore, il quale, dopo l’urto e la caduta in terra, non era certo nelle condizioni di poter rilevare il numero di targa. Né il omissis può subire conseguenze pregiudizievoli dall’eventuale negligenza delle persone presenti, fermo restando che i testi hanno dichiarato di non essere riusciti a prendere il numero di targa, stante la repentina manovra del motociclo, che si allontanò dal luogo del sinistro svoltando subito a destra.

Pertanto, appurato che l’incidente si verificò a causa di un veicolo non identificato, la omissis, nella qualità indicata in epigrafe, deve risarcire i danni patiti dall’attore, secondo quanto previsto dagli artt. 283, comma 1, lett. a), 286 e 287 del d.lgs. n. 209 del 2005.

L’attore ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, in quanto il fatto illecito ha leso il suo diritto all’integrità psicofisica, posizione soggettiva che rientra nel novero dei diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione (cfr. art. 32 Cost.). È noto, infatti, che in base ad una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ., il danno non patrimoniale è sempre risarcibile in presenza di una lesione incidente su di un diritto fondamentale della persona protetto direttamente a livello della Carta Costituzionale (cfr. Cass., sez. un., 11/11/2008, n. 26972). Inoltre, la risarcibilità del danno non patrimoniale deriva dal disposto dell’art. 185 cod. pen., atteso che l’illecito integra il reato di lesioni personali colpose (artt. 590 o 590 bis cod. pen.).

Tra le conseguenze negative di carattere non patrimoniale che, in via astratta, possono derivare dalla lesione della salute vanno annoverati i pregiudizi all’integrità psicofisica del danneggiato e la sofferenza, fisica e morale, da essi causata (danno biologico permanente e temporaneo, danno morale).

Come è noto, il danno biologico è un danno avente natura dinamico relazionale, che comprende sia il dolore fisico a base organica derivante dalle lesioni, sia le conseguenze negative causate dai postumi nell’ambito della vita di relazione del danneggiato (cfr. Cass. 27/03/2018, n. 7513).

Il danno morale è invece un pregiudizio attinente alla sfera interna del soggetto e consiste appunto nella sofferenza emotiva, causata, ad es., dalla vergogna, dalla disistima di sé, dal timore per la propria sorte, dalla tristezza e dal rimpianto per il perduto benessere; esso, sviluppandosi su di un piano diverso rispetto a quello dinamico relazionale e non essendo compreso nel danno biologico, è risarcibile in via autonoma (cfr. Cass. 17/05/2022, n. 15733; Cass. 10/11/2020, n. 25164), fermo restando il principio secondo cui le suddette tipologie di pregiudizio hanno una funzione descrittiva dei risvolti negativi dell’illecito, che si manifestano nell’ambito della categoria unitaria del danno non patrimoniale.

Il ristoro della sofferenza morale è comunque subordinato all’allegazione e alla prova, anche in via presuntiva, della sua esistenza, non sussistendo in materia alcun’automatismo risarcitorio (cfr. Cass. 08/04/2020, n. 7753; Cass. 10/02/2021, n. 3310; Cass. 12/07/2023, n. 19922).

Sin da ora, occorre evidenziare, che il Va. non ha allegato di aver patito un danno morale, né ha descritto conseguenze dannose integranti un siffatto tipo di pregiudizio. In atto di citazione, egli si è limitato ad allegare di aver subito “postumi invalidanti” ed ha calcolato il “danno biologico” in base alle tabelle “attualmente vigenti” (cfr. p. 2). Nella prima memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c., l’attore si è profuso in una dissertazione teorica in ordine alle componenti del danno non patrimoniale, senza indicare i pregiudizi che avrebbe in concreto patito. Il danno morale non può quindi essere riconosciuto per difetto di tempestiva allegazione.

Il consulente tecnico nominato dal Tribunale, dott. omissis, ha accertato che, a causa del sinistro, il Va. subì la seguente lesione: “frattura scomposta pluriframmentaria per-sottotrocanterica di femore destro trattata chirurgicamente”.

I postumi derivati dalla suddetta lesione consistono: nella persistenza del mezzo di sintesi, nella cicatrice chirurgica relativa all’intervento, in una moderata ipotonotrofia muscolare della coscia e della gamba e in una rigidità articolare dell’anca con sfumata cadenza deambulatoria; essi hanno determinato una diminuzione dell’integrità psicofisica dell’attore pari al 12 per cento.

La durata dell’invalidità temporanea è stata di 57 giorni di invalidità assoluta, cui sono seguiti 30 giorni di invalidità parziale al 50 per cento e ulteriori 30 giorni di invalidità parziale al 25 per cento.

Il giudicante condivide le valutazioni del CTU, in quanto basate su di un accurato studio della documentazione medica in atti e su di un’approfondita visita dell’infortunato. Inoltre, le conclusioni del dott. De Cristofaro sono in linea con i più noti (…) medico legali e non sono state contestate dalle parti.

Par. 6.2. A questo punto è possibile passare all’individuazione delle somme di denaro necessarie al ristoro del danno non patrimoniale.

Per la liquidazione del danno alla persona – liquidazione che deve necessariamente essere effettuata mediante il ricorso all’equità – il Tribunale, in mancanza della tabella unica nazionale prevista dall’art. 138 del d.lgs. n. 209 del 2005, ritiene opportuno utilizzare a la tabella dell’anno 2009 del Tribunale di Milano, nella versione non comprensiva della sofferenza morale (sui poteri equitativi del giudice nella liquidazione del danno, cfr. artt. 2056 – 1226 cod. civ.; sulla necessità di liquidare il danno biologico in via equitativa e sulla possibilità di utilizzare le tabelle elaborate dagli uffici giudiziari, cfr. Cass. n. 394 dell’11/01/2007; sulle tabelle del Tribunale di Milano come parametro di riferimento privilegiato per una valutazione equitativa del danno, cfr. Cass. n. 12408 del 07/06/2011, Cass. n. 14402 del 30/06/2011, Cass. n. 28290 del 22/12/2011).

Tenuto conto dell’età della vittima al momento del sinistro (58 anni), dei postumi invalidanti residuati (12), della durata dell’invalidità temporanea, il danno alla persona può essere ristorato mediante il riconoscimento di complessivi Euro 24.377,52 in valuta del gennaio 2009, pari a Euro 31.908,40 in valuta attuale (rivalutazione effettuato tramite gli indici ISTAT -F.O.I.).

Occorre specificare al riguardo che: – per ciascun punto di invalidità è stato riconosciuto l’importo di Euro 2.187,43, debitamente abbattuto con il coefficiente di riduzione per l’età del danneggiato, pari a 0,715 (danno biologico permanente Euro 18.768,00 in valuta 2009) ; -l’importo base utilizzato per monetizzare l’invalidità temporanea è pari a Euro 70,56 per ogni giorno di invalidità assoluta; – il suddetto importo è stato proporzionalmente ridotto per procedere alla liquidazione dell’invalidità temporanea parziale; – la somma dovuta per l’invalidità temporanea è pari a complessivi Euro 5.609,52 (in valuta 2009); – la tabella utilizzata non comprende negli importi liquidati a titolo risarcitorio il ristoro della sofferenza morale, che non può essere riconosciuta al omissis stante il deficit di allegazione del danno in esame in precedenza evidenziato.

L’attore non ha né allegato, né provato di aver subito particolari conseguenze negative nella propria sfera dinamico relazionale tali da giustificare un aumento della liquidazione standard prevista dalle tabelle applicate.

Il omissis ha diritto al risarcimento delle spese mediche, quantificate in citazione in Euro 25,00 e provate mediante la documentazione prodotta all’atto della costituzione in giudizio. Ad Euro 25,00 in valuta del 15.09.2017 corrispondono Euro 29,50 in valuta attuale (liquidazione effettuata in base agli indici ISTAT – F.O.I.).

Non si è tenuto conto delle altre spese in atti, in quanto non tempestivamente allegate.

In conclusione, la convenuta deve essere condannata a pagare all’attore, a titolo di risarcimento di tutti i danni subiti, Euro 31.937,90, oltre interessi ex art. 1284, comma 1, cod. civ. dalla data della presente sentenza e sino al soddisfo.

Nulla spetta per interessi “compensativi”, ossia per il danno da ritardato pagamento dell’importo dovuto a titolo risarcitorio, atteso che l’attore non ha tempestivamente allegato né la sua intenzione di utilizzare le dette somme per un investimento produttivo di reddito, né che il tasso di rimuneratività media del denaro è stato superiore al tasso di svalutazione nel periodo in considerazione (cfr. Cass. n. 12452 del 25/08/2003, Cass. n. 18564 del 13/07/2018, Cass. n. 36878 del 26/11/2021, Cass. n. (…) del 22/04/2024, nonché, sugli oneri di allegazione del danneggiato, Cass. n. 111 del 20/01/2020 e Cass. n. 4938 del 16/02/2023).

Il quarto comma dell’art. 1284 cod. civ. non è applicabile ai debiti di valore nascenti da fatto illecito, perché si tratta di fattispecie non produttiva di interessi sino alla liquidazione del danno, momento in cui l’obbligazione risarcitoria si tramuta in debito di valuta (cfr. Cass. n. 19063 del 05/07/2023).

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano, in mancanza di apposita nota, come in dispositivo, tenuto conto dei parametri stabiliti dal decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10.03.2014 (come modificati dal D.M. n. 147 del 2022), del quantum riconosciuto in sentenza e dell’attività difensiva in concreto prestata.

Le spese di CTU vanno poste, in via definitiva, a carico della omissis. Non sussistono i presupposti per una condanna della convenuta ex art. 96 c.p.c., in quanto la prova dell’illecito è stata fornita soltanto nel corso del giudizio, mediante l’audizione dei testimoni.

P.Q.M.

Il Tribunale di Napoli, definitivamente pronunciando, così provvede: condanna la omissis s.p.a., in qualità di impresa designata per la liquidazione dei danni a carico del Fondo di garanzia per le vittime della strada, al pagamento, in favore di omissis, di Euro 31.937,90, oltre interessi ex art. 1284, comma 1, cod. civ. dalla data della presente sentenza e sino al soddisfo; condanna la omissis s.p.a., in qualità di impresa designata per la liquidazione dei danni a carico del Fondo di garanzia per le vittime della strada, al rimborso delle spese di lite dell’attore, liquidate in Euro 545,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compenso del difensore (di cui Euro 1.000,00 per la fase di studio, Euro 800,00 per la fase introduttiva, Euro 1.200,00 per la fase istruttoria, Euro 2.000,00 per la fase decisoria), oltre rimborso spese forfettarie in misura del 15 per cento del compenso, IVA e CPA come per legge, con distrazione, ex art. 93 c.p.c., in favore degli Avv. omissis; pone le spese di CTU a carico della convenuta.

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