Con riferimento a veicolo recante sulla carta di circolazione la dicitura ‘uso promiscuo’ di trasporto persone e cose va ricordato che si tratta di una categoria d’uso abolita in sede di recepimento della Direttiva 98-14-CE, operato con D.M. 4 agosto 1998; va sul punto confermato che:
– la (pregressa) classificazione di ‘uso promiscuo’ non può di per sé accreditare l’ipotesi di un utilizzo professionale del veicolo per il trasporto di cose, dipendendo questo, non dalle caratteristiche intrinseche del medesimo, ma dal modo e dalla finalità per cui esso è utilizzato, secondo quanto stabilito – in sede di istituzione dell’albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi – dall’art. 31 L. 298 del 1974;
– pur disciplinato nell’ambito di un’attività regolata per legge e presupponente una licenza d’esercizio ricollegabile allo svolgimento di un’attività professionale ed imprenditoriale, il trasporto di cose costituisce tuttavia un’ipotesi altrettanto concettualmente compatibile con un uso non professionale (né imprenditoriale) del bene, “mentre l’errore logico-giuridico della tesi dei ricorrenti sta nell’accreditare un’assiomatica ed automatica equivalenza tra il trasporto di cose e l’attività economica e l’uso promiscuo del bene con il suo utilizzo professionale, laddove trattasi di nozioni non sovrapponibili tra loro, integrando profili solo compatibili tra loro” (ivi);
– la riconducibilità ex lege della precedente categoria dell’uso promiscuo al trasporto di persone (categoria M) e, quindi, la riferibilità di tale classificazione ad un utilizzo – per così dire – ordinario del bene, solo ipoteticamente compatibile con un uso professionale in termini non evincibili dal documento di circolazione, accredita l’ordine di idee secondo cui “debba prevalere nelle siffatte condizioni – non per presunzione, ma sul piano interpretativo – il riconoscimento di un uso normale, ordinario, cioè non professionale del bene”;
– in modo tale che la precedente classificazione di uso promiscuo, per quanto non aggiornata e certo suscettibile di istanza di rettifica da parte del proprietario del mezzo, non è comunque da sola “sufficiente ad accreditare l’ipotesi di un utilizzo professionale degli stessi veicoli, stante la diversa caratterizzazione di tale uso, che dipende non dalle caratteristiche intrinseche del veicolo, ma piuttosto dal modo e dalla finalità per cui esso è utilizzato con valutazione da compiersi non in astratto ma in concreto”;
– neppure può dirsi che la Commissione Tributaria Regionale abbia violato il principio-cardine della stretta interpretazione delle disposizioni agevolative, posto che la disposizione in esame prevedeva l’operatività del beneficio della riduzione (per i veicoli ultraventennali) o dell’esenzione (per i veicoli ultratrentennali) della tassa automobilistica, con esclusione per quelli adibiti ad uso professionale, potendosi in ciò “cogliere un rapporto tra una regola, costituita dall’applicazione del beneficio ai veicoli di antica data, ed un’eccezione, rappresentata dall’inoperatività dell’agevolazione per i veicoli destinati ad uso professionale. Tale rapporto giustifica, allora, un’interpretazione della disposizione in termini tali da assicurare l’applicazione della regola generale, senza che ciò contraddica il principio secondo il quale le norme agevolative sono di stretta interpretazione, restandosi, con tale esegesi, nell’ambito prescrittivo del generale criterio di disciplina, senza alcuna estensione del suo ambito, escludendo soltanto che l’applicazione della menzionata regola possa essere impedita da un prospettiva di utilizzo del bene solo astratta, ipotetica e virtuale, non desumibile dal libretto di circolazione”.
NDR: in tal senso Cass. 11010/23 e 23534/23.
Cassazione civile, sezione tributaria, sentenza del 11.4.2024, n. 9903
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