È vero che il ricorso amministrativo è alternativo al ricorso al Giudice di pace avverso il verbale di accertamento, ma resta che, contro la successiva ordinanza prefettizia emessa all’esito del procedimento regolato dall’art. 204 C.d.S., il sanzionato può sempre proporre l’opposizione dinanzi al Giudice di pace ai sensi dell’art. 205 C.d.S. (attualmente regolata dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6), e sollevare questioni già proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte). Detta opposizione è – in sostanza – uno strumento per portare la controversia nella sua interezza di fronte al giudice, trattandosi di un giudizio sul rapporto, soltanto introdotto da un atto, con effetto devolutivo pieno. L’esperimento del ricorso amministrativo facoltativo avverso il verbale di accertamento, consentito dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 203, non comporta quindi la definitività e l’incontestabilità della sanzione, né impedisce di formulare con l’opposizione all’ordinanza-ingiunzione tutte le censure che riguardino il corretto esercizio del potere sanzionatorio. Il ricorrente, dopo aver proposto ricorso al Prefetto, può – pertanto – legittimamente impugnare la successiva ordinanza-ingiunzione, potendo dedurre anche vizi dell’accertamento presupposto, non essendo incorso in alcuna decadenza.
NDR: in argomento Cass. 5891/2004, 21954/2004, 4302/2006, 17799/2014, 12503/2018 e Cass. S.U. 1786/2010.
Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 23.3.2023, n. 2021
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