Illegittima contravvenzione, risarcimento dei danni, elemento soggettivo, prova

Con riferimento all’opposizione al rigetto della domanda al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di asserita illegittima contravvenzione va affermato che il giudicato conseguente alla sentenza di annullamento del verbale di accertamento (della violazione dell’art. 186 C.d.S.) fa stato esclusivamente in relazione all’acclarata illegittimità del verbale stesso, ma non anche sulla sussistenza del dedotto elemento soggettivo in capo all’amministrazione ed agli agenti accertatori, che va, al contrario, verificato proprio nel giudizio ex art. 2043 cod. civ. successivamente proposto (nella specie si afferma che poiché la condotta del Comune e dei verbalizzanti è stata ritenuta conforme ad una interpretazione delle norme del Codice della Strada e del D.M. 196/1990 che trova avallo in alcune pronunce della Suprema Corte, e non essendo neppure messo in discussione nel ricorso ex art. 204 C.d.S. la sussistenza di elementi comportanti l’inaffidabilità dello strumento di misurazione utilizzato dagli operanti, ciò è sufficiente per ritenere che l’illegittimità dell’atto accertata nella sentenza del Giudice di Pace sia frutto quanto meno di un errore scusabile nell’applicazione della legge. Ne deriva quindi che non ricorrono i presupposti per affermare la responsabilità ex art. 2043 cod. civ. del Comune né quella ex art. 2049 cod. civ. degli agenti convenuti, per mancanza del necessario elemento soggettivo dell’illecito).

Tribunale di Milano, sentenza del 7.2.2023, n. 1004

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