Alla luce della norma di cui all’art. 2054 co. 1 c.c., applicabile anche al caso di investimento di un pedone, il conducente ha l’onere di dimostrare di “aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”, prova liberatoria che è intesa in modo rigoroso dalla concorde giurisprudenza, che richiede la dimostrazione che non vi era da parte del conducente alcuna possibilità di prevenire l’evento, neppure con una manovra di emergenza, situazione ricorrente allorché il pedone tenga una condotta imprevedibile ed anormale, sicché l’automobilista si trovi nell’oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti (al contrario nel caso di specie era ampiamente prevedibile la presenza di pedoni in attraversamento sulla pista ciclopedonale e la conducente, pur dopo essersi arrestata allo stop, avrebbe dovuto procedere non solo lentamente, ma con maggiore cautela, tale da consentirle di frenare anche nell’ipotesi in cui fosse sopraggiunto un pedone, che peraltro ha dichiarato alla Polizia Locale di non aver visto, sintomo questo di evidente disattenzione. In ogni caso l’assenza di altri riscontri probatori non può che risolversi a detrimento dell’automobilista, proprio in virtù della già rammentata presunzione di cui all’art. 2054 co. 1 c.c.).
NDR: in tal senso Cass. 21249/06, 12751/01 e 5983/98.
Tribunale di Milano, sentenza del 22.6.2022, n. 5543
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