In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela. Pertanto, quanto più la situazione danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
Sulla base di tali riflessioni, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso e, precisato che l’incidente era avvenuto in pieno giorno e che il cordolo, per colore, dimensioni e funzione era perfettamente visibile, ha concluso nel senso che la caduta era da ricondurre esclusivamente al comportamento disinteressato del ricorrente, e tanto indipendentemente da ogni valutazione sulla applicazione o meno dell’art. 2051 c.c.
Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 3 novembre 2020, n. 24416
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