Qualora l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, ancorché per difetto di querela, all’azione civile di risarcimento si applica, ai sensi dell’art. 2947 c.c., comma 3, l’eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato, decorrente dalla data del fatto, purché il giudice civile accerti, “incidenter tantum”, e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del relativo processo, l’esistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto-reato in tutti i suoi elementi costitutivi, sia soggettivi che oggettivi. Una siffatta qualificazione dell’illecito in termini di fatto-reato può essere compiuta anche in sede di legittimità laddove non sia fondata su nuove allegazioni, ma sia basata su fatti storici già allegati entro i termini di decadenza propri del procedimento ordinario a cognizione piena e non siano necessari nuovi accertamenti in fatto da parte di questa Corte, atteso che, in tale ipotesi, l’esame demandato al giudice di legittimità attiene ad una quaestio iuris, ossia alla mera qualificazione del fatto – già tempestivamente dedotto – al fine di pervenire all’esatta applicazione della legge in punto di termine di prescrizione ad esso applicabile (la SC osserva che tanto vale nel caso di specie, in cui la prospettazione del fatto in termini di reato di lesioni colpose era insita nella deduzione – compiuta già con l’atto citazione introduttivo del giudizio – delle lesioni alla persona riportate dalla danneggiata a seguito del sinistro stradale ascritto a condotta colposa dei conducenti dei veicoli antagonisti; prospettazione che emerge pacificamente dalla sentenza impugnata e dallo stesso controricorso dell’assicurazione; deve pertanto ritenersi che il termine di prescrizione applicabile nella specie sia quello previsto dall’art. 2947 c.c., comma 3).
NDR: in argomento Cass. S.U. 27337/2008, nonché Cass. 24998/2014 e 2350/2018.
Cassazione civile, sezione terza, ordinanza del 3.11.2020, n. 24260
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