Definizione di “strada” (che comporta l’applicabilità del C.d.S.)

La definizione di “strada”, che comporta l’applicabilità della disciplina del relativo Codice, non dipende dalla natura, pubblica o privata, della proprietà di una determinata area, bensì dalla sua destinazione ad uso pubblico, che ne giustifica la soggezione alle norme del codice della strada per evidenti ragioni di ordine pubblico e sicurezza collettiva”. Orbene, la giurisprudenza ha chiarito che, avendo riguardo al profilo funzionale, per potersi affermare la destinazione pubblica della strada occorre la presenza di tre requisiti: la destinazione al servizio di una collettività indeterminata di cittadini portatori di un interesse generale inteso come utilizzo al transito da parte di una collettività indiscriminata di cittadini iure servitutis publicae; l’oggettiva idoneità a soddisfare le esigenze di interesse generale, ad esempio mettendo in comunicazione due strade pubbliche o consentendo di raggiungere spazi pubblici non altrimenti accessibili; un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico; detto titolo può essere costituito da: un atto pubblico o privato (provvedimento amministrativo, convenzione fra proprietario ed amministrazione, testamento); l’usucapione ventennale, che richiede l’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati uti cives, in quanto portatori di un interesse generale (non essendo sufficiente un’utilizzazione uti singuli, finalizzata cioè a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso ad un determinato immobile di proprietà privata); la protrazione dell’uso da tempo immemorabile; la dicatio ad patriam, ossia il comportamento del proprietario che mette volontariamente e con carattere di continuità un proprio bene a disposizione della collettività.

NDR; in tal senso Cass. n. 14367 del 05/06/2018 e n. 17350 del 25/06/2008, nonché T.A.R. Napoli, 16 ottobre 2017, n. 4824, T.A.R. Lecce, 5 gennaio 2015, n. 5 e Cons. Stato, 14 febbraio 2012, n. 728.

Tribunale di Roma, sentenza del 23.09.2020, n. 12759

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